A quattordici anni Ernesto Lomasti è un adolescente che vive a Pontebba, un paesino di montagna in provincia di Udine: è malato di montagna, ma la corporatura bassa e robusta oltre a scarse prestazioni non gli frutta altro che il soprannome di “Cartuccia” e le derisioni dei compagni. Quando nemmeno ventenne, nel 1979, cade in una palestra di roccia valdostana nel corso di un banale allenamento è ai vertici dell’alpinismo italiano e non solo. Senza saperlo raggiunge il settimo grado in solitaria in anni in cui pochi tra i migliori si azzardano appena a farlo in cordata. La naturale modestia e le sue vie sulle scomode pareti delle Giulie e delle Carniche non gli portano quella fama che peraltro nemmeno cerca. Nel 1977 ripete in solitaria il temibile Diedro Cozzolino sulla parete nord del Piccolo Mangart di Coritenza, sulle Alpi Giulie. L’anno dopo il suo capolavoro sarà una via nuova sulla stessa parete e con lo stesso stile: da solo. “Altezza 800 metri, 10 ore, difficoltà estreme” lascerà scritto nel suo diario; oggi per quella salita si parla di VI+ con passaggi di VII-