Dal 1872 al 1991 i muli hanno rappresentato una compagnia straordinaria e un sostegno psicologico, oltre che logistico, per il corpo degli alpini. Per anni la loro soma ha rappresentato l'unico modo per muovere interi battaglioni, giocare di sorpresa al nemico, cambiare le sorti di una battaglia. «È come se avessero strappato la penna nera dal cappello» dice ancora oggi più di un alpino. Già, perché, soprattutto negli occhi dei "veci", l'immagine del mulo non potrà mai scindersi da quella degli uomini, dall'appartenenza al corpo, dalle montagne di casa. Dall'opera: «Come quando scoppiavano le granate troppo vicino, in Russia, e lei tremava tutta e si girava a cercarmi, e mi guardava negli occhi come se fossi stato suo padre, una mula di cinque quintali, figurarsi. Io mi aprivo il cappotto, almeno finché le mani erano sane e servivano, le tiravo giù il muso fino ad infilarmelo sotto l'ascella e così le scaldavo il naso e le coprivo gli occhi e lei non vedeva più gli altri muli che saltavano a pezzi».