La direzione contraria sta nella geografia, in quel percorrere da nord a sud, dall’Oltrepò lombardo fino agli scogli del Mar Ligure, un itinerario che prende il nome da secoli e millenni di percorrenza dal mare a salire, verso il nord, verso il cuore dell’Europa, dove le merci sbarcate a Genova (tra le quali, preziosissimo, il sale appunto) erano trasportate per lo più a spalla lungo questi sentieri aspri e scoscesi. Un miracolo dell’industriosità umana capace di aprirsi strade anche lì dove la natura sembra negarlo, dove pare impossibile o addirittura inutile. Ed ecco l’ostinazione, quella che era del mercante, dell’avventuriero, del soldato di ventura, del monaco, e che oggi ci fa muovere passo dopo passo nella scoperta sempre sorprendente di territori che assuefatti alle direttrici più scontate (l’autostrada A7 a ovest, la «Cisa» a est) neanche sappiamo che esistono. Quel triangolo di Appennino tra Lombardia, Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna che sembra essere fermo nel tempo, che pare non aver bisogno delle mille fisime che assillano la nostra quotidianità. Ostinatamente esiste e resiste, e i pochi camminatori che si ritrovano qui sono quasi naturalmente portati a vivere questa particolarità con estremo rispetto, senza disturbare i faggi e i castagni, usando con cura gli attrezzi lasciati per loro nei bivacchi lungo la via, vivendo con calore l’accoglienza che si incontra la sera in alberghetti dove un minestrone «alla ligure» costituisce l’unica scelta del menù. Ostinate sono le persone che restano ad abitare questi luoghi, poche di numero e rare di spirito. Il cammino è anche un omaggio a loro.
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