«Con tutta questa pioggia, e le punture dei piuns, e la pioggia, e la mia caviglia e la pioggia, e tutte quelle colline con i dolori terribili che mi vengono al petto quando devo salire, forse mi verrà un infarto. E poi questo fango. Ma come si fa ad andare in bicicletta nel fango? Tutti pensano che io sia pazza, e in questo momento sono d’accordo con loro»
All’alba del 12 maggio 1978 Louise Sutherland atterra in Brasile, è sola, ha con sé una bici Peugeot nuova di zecca di cui non sa neppure gonfiare le ruote, due borsette per il portapacchi e una scorta di latte condensato. L’11 giugno compirà 52 anni ed è assolutamente determinata ad attraversare in sella alla bici la foresta amazzonica lungo la “Transamazzonica”, inaugurata da poco. È alta un metro e mezzo, pesa 47 chili e ha toni gentili e pacati, ma in quel momento è una fuoriclasse assoluta. L’unica in grado di compiere l’impresa impossibile: un viaggio dove non ci sono case d’appoggio, cibo o acqua potabile, solo isolamento totale per migliaia di chilometri. Nessuna possibilità di comunicazione o di soccorso, animali feroci e tribù indigene sconosciute e pericolose… Armata di un machete di media grandezza e della sua fiducia nel prossimo, si metterà in sella per pedalare nel cuore della giungla.