«I reportage fotografici hanno sempre un forte impatto emotivo, la vita nelle trincee, dei paesi in prima linea del Carso e della Carnia e poi la ritirata di Caporetto e il Piave diventano situazioni privilegiate del racconto visivo, senza censure, di quello sconvolgimento delle esistenze che comportò la Grande Guerra».
I fotoreporter italiani durante il primo conflitto mondiale presentano la guerra combattuta, attraverso “istantanee” che vogliono dare dell’esercito l’idea dell’organizzazione, dell’efficienza e della ineludibile vittoria. Un esercito che vince è quello che si racconta con le immagini nei giornali alla nazione con parole e fotografie, ma nella realtà, già dopo le prime settimane, la guerra è ben altra cosa: è la guerra di trincea nelle pietraie del Carso e di resistenza tra le vette alpine, tra le rocce a picco, e i soldati la presentano coi loro visi e i loro corpi come straniamento e sofferenza estrema nell’attesa di una morte sempre in agguato.