Con un passo leggero, Manoukian ci introduce alla sottile arte della nonchalanche: abbandonarsi al viaggio, abbracciando deviazioni e disavventure, riconquistando il proprio tempo.
Nell’epoca dei viaggi sempre più brevi, organizzati giorno per giorno, conviene interrogarsi su che cosa significhi scoprire altri paesi e altre culture. Il viaggio può, attraverso la complessità delle sue tappe – imprevisti, soste forzate, incontri inattesi o insperati – stabilire una relazione differente con il tempo. Spesso sono gli interstizi del programma che, come parentesi preziose, ne rappresentano il cuore. Se il cammino vale più della destinazione, la tappa vale di più dello spostamento, e a volte il tempo perduto a un tavolino, su un divano, in una terrazza o per una deviazione, segnerà il viaggio più che un monumento o un panorama tanto osannato. Con “La virtù degli imprevisti” siamo invitati a una sorta di elogio della lentezza e della nonchalance, per scoprire con l’autore, dall’eruzione dell’Eldfell in Islanda alle bische di Mato Grosso, da una prigione in Perù all’Extrême- Orient-Express, tutto il sapore del “tempo ritrovato”.