Il rifugio è il simbolo di un turismo “capace di futuro”, nell’intimità del rifugio la fragilità è palpabile, l’ansia dell’ascensione resta fuori. Il mondo è ridotto a pochi metri abitati e il rifugio è un’isola al riparo dall’immensità.
L’incantesimo si incrina in prossimità dell’alba, quando il primo alpinista apre la porta ed esce a scrutare le stelle: “È bel tempo, bisogna andare!”. E si rompe del tutto quando ci si rimette in cammino lasciando definitivamente alle spalle le pigre liturgie della sveglia, gli odori rassicuranti di minestrone e di caffè, i rumori domestici delle stoviglie.
Anche se oggi il moderno turismo alpino di massa ha trasformato il rifugio in un posto abbastanza simile agli hotel di fondovalle, luogo di passaggio e di commercio più che di incontro, il rifugio gode ancora di alcune sue inalienabili peculiarità. Enrico Camanni va alla ricerca di quelle peculiarità, materiali e immateriali, di quei momenti che rendono indimenticabili il passaggio in un rifugio: come il trascorrervi la notte quando il silenzio avvolge la montagna e ci si sente finalmente soli, con il rumore del vento e le collana Piccola filosofia di viaggio/17 voci degli animali.