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A come alpini stato
Curcu & Genovese | Ettore Frangipane | Trento | 2011 | pagine 96

A come alpini

Gli Alpini esistono dal 1872. Un Corpo costituito per la difesa lungo la fascia delle Alpi, che è stato però spostato negli anni nei posti più impensati: dall’Africa ai Balcani, dalle sconfinate pianure della Russia alle valli inospitali dell’Afghanistan. Non è retorica dire che il sangue degli Alpini ha bagnato monti e valli, ambe e pianure: parlano i tanti cimiteri di guerra. In origine erano solo uomini di montagna, oggi la penna nera la possono portare un po’ tutti, purché idonei. Io direi: degni. La loro divisa è cambiata, è mutato il loro armamento, s’è evoluto il loro impiego. Ma gli Alpini sono rimasti sempre gli stessi: sono Alpini. Gente un po’ speciale. Una volta andavano a “far la naja” a scaglioni: io col primo 38, in ritardo per lo studio. Poi tornavano a casa ma continuavano a sentirsi Alpini. Tuttora s’incontrano, marciano insieme, festeggiano insieme, accorrono insieme sui luoghi di disastri e aiutano, aiutano, orgogliosi della loro penna nera. Oggi che la “naja” non c’è più, ma disponiamo di un esercito professionale, guardo con rispetto alle foto che ci vengono dall’Afghanistan: Alpini che sembrano marcantoni, un armamento complicato, sull’elmo in compenso una penna nera piccola così: ma c’è ancora. I tempi sono cambiati, oggi gli Alpini appaiono un po’ diversi. Domani? Chissà. Su questo Corpo che è stato anche mio, ho voluto spendere con questo libretto qualche ricordo: un po’ di nostalgia, un po’ di ironia, tanto affetto. Ho voluto ricordare le usanze, le canzoni, lo strano vocabolario imparato in caserma, tutto coniugato al tempo presente, anche se le divise che ho disegnato spaziano dalle mollettiere della prima guerra mondiale alle ghette bianche, dal grigioverde al kaki. Gli Alpini sono insomma sempre gli stessi, anche se indossano – come è avvenuto – il casco coloniale. E restano Alpini, lo ripeto, anche quando tornano a casa.

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