La storia parte dalla passione per la caccia al camoscio, che gli permette di essere il vero montanaro e padrone della montagna, praticando cenge vertiginose, ripidissimi pendii, canaloni e dirupi coperti da vegetazione.
Ricercato assiduamente da guardie forestali e guardiacaccia fu sempre imprendibile e per questo definito “primula rossa”. Per provocazione e per sfida inizia ad arrampicare solo a 41 anni realizzando incredibili performance che fanno ormai parte della storia della montagna. Il Burel, le Pale di San Lucano, il Col Nudo, il Pelmo, il Pizzocco costituiscono le tappe di una invidiabile carriera realizzata in compagnia di Riccardo Bee e Benito Saviane.
Veramente Antonio Berti e Julius Kugy non sono passati invano in queste valli delle Alpi Orientali:il loro approccio alla montagna e la loro filosofia hanno trovato in Miotto chi ha raccolto con aggiornata convinzione il testimone.
Aiutato in ciò da un rapporto di amicizia con il profeta del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, quel Piero Rossi che scrivendo della S'ciara de Oro ha indotto Dino Buzzati a dire parole indimenticabili sul Gruppo dello Schiara. Fu Piero Rossi a coinvolgere l'amico nella maniera più azzeccata portandolo a collaborare in quella che è sempre stata un'impresa: la predisposizione di una guida Monti d'Italia, cui va riconosciuto un doppio pregio:
- Il primo quello di riuscire a distillare salite e fatiche, emozioni ed impressioni, racconti e conoscenza di tanti amanti dei monti che si ritrovano uniti in cordata ideale .
- Il secondo pregio è quello di rinnovare ciclicamente il frutto di una collana partorita dal matrimonio editoriale più lungo sul nostro territorio nazionale.
In linea con qu este considerazioni marginali sulla guida dei Monti d'Italia CAI-TCI è da collocare quella splendida recensione di Alberto Pezzini apparsa sulla Rivista Mensile a commento della prima biografia di Miotto "La Forza della Natura" pubblicata da Vivalda.