Un anno di guerra raccontato con accenti jüngeriani: della memorialistica della Grande Guerra, Isonzo 1915 è una delle testimonianze più crude sulla realtà della guerra di trincea, di quell’ordinario e quasi quotidiano olocausto di giovani vite scandito dal fuoco delle granate o dalla “voce arrabbiata della mitragliatrice, la terribile raganella che canta, mai sazia, nei temporali di fuoco”, come la poetò Vittorio Locchi. Non meno sconvolgente risulta la descrizione degli attacchi italiani a ondate successive che si infrangevano contro le barriere di filo spinato e del momento supremo della lotta in cui, esaurita la funzione dell’arma, da fuoco e della baionetta, l’uomo ritrovava alla fine il proprio ancestrale istinto di sopravvivenza nel belluino corpo a corpo con coltelli, badili, piccozze e anche semplici pietre.
La quota 383 di Plava, il Monte Kuk, il minuscolo villaggio abbarbicato sulle sponde pietrose del Medio Isonzo, divennero i simboli dell’eroismo delle brigate di fanteria “Ravenna” e “Forlì”, così come di quello dei difensori, soprattutto i commilitoni dell’Autore, appartenenti al IV battaglione del 4° reggimento Deutschmeister di Vienna, dei dalmati e di altre nazionalità ancora. Il crogiolo di popoli che caratterizzava le unità impegnate sul Medio Isonzo formerà, per i successivi due anni, il baluardo invalicabile della Duplice Monarchia, opposto ai tentativi di Cadorna di arrivare a Gorizia, aggirando per il saliente di Plava il dispositivo della Bainsizza e del Monte Santo.
Isonzo 1915 viene riproposto con buna ormai classica introduzione di Mario Silvestri e la straordinaria iconografia originale.