Nikolajewka è alle spalle da poche ore. L'incubo appena vissuto dalle divisioni alpine, e in primis dalla Tridentina, è un'eco fragorosa, un dramma ancora in corso, semplicemente più scomposto, «sbandato». C'è chi ha l'immensa fortuna di tornare subito e chi, come Bozzini, finisce in mano russa e imbocca la terribile strada della prigionia e dei lavori forzati: dalle miniere ucraine ai còlcos siberiani. In questa storia ci sono la malattia, i maltrattamenti, le lacrime per i compagni morti e quelle di una nostalgia che pareva fatale. Invece, il 25 gennaio 1946 le baracche della prigionia si aprirono miracolosamente.