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Oltre il confine della paura. Viaggio in moto nell'Afganistan dei talebani
Neos edizioni | Emilio Radice | Cascine Vica | 02/2025 | pagine 120 | 12 x 20

Oltre il confine della paura. Viaggio in moto nell'Afganistan dei talebani

Un viaggio in moto lungo la A1, l'unica strada afghana che permette oggi di attraversare un Paese reduce da quarant’anni di guerre e conflitti interni. Una terra governata dai talebani, che apre le sue porte a un viaggiatore per lasciarsi raccontare.

Il 15 agosto 2021 i talebani occupano Kabul e gli americani sono costretti a una fuga caotica. Ai cancelli dell’aeroporto una folla si accalca per tentare una fuga disperata dal Paese. L’immagine degli uomini che precipitano dal carrello di un aereo durante il decollo diventa emblema di una tragedia. Eppure questo episodio mette anche fine a decenni di guerra e conflitti in una terra da cui arrivano oggi poche notizie.

Emilio Radice, giornalista, viaggiatore e motociclista di lungo corso, nell’aprile del 2023, spinto da un incontenibile spirito di conoscenza, decide di provare a entrare nel Paese in sella alla sua Aprilia Tuareg. Emilio attraversa l’Anatolia, la Turchia e procede verso l’Iran fino a Mashhad, alle porte con l’Afghanistan. Da qui, non senza difficoltà, ottiene il visto per accedere nel Paese dei talebani. In sella alla moto segue quello che resta della statale A1 da Herat a Kunduz, scoprendo, tappa dopo tappa, la storia millenaria di questa terra, crocevia tra cultura occidentale e orientale. Nei piccoli villaggi trova la povertà estrema, la discriminazione, il fondamentalismo, la diffidenza dei talebani, ma superati i primi ostacoli scopre una popolazione accogliente, mossa da una profonda dignità, un popolo orgoglioso e determinato a mostrare di sé una veste inedita.


... A Torbat-e-Jam passammo la notte. La linea di frontiera era ad appena una sessantina di chilometri, ma è una buona regola di chi viaggia superare i confini quando è giorno, soprattutto se si arriva già da un Paese complicato e si chiede di entrare in un altro dove tutto potrebbe apparire buio anche con il sole. Un salto nel buio, un tuffo nell’ignoto. Ovvero era il tuffo nella nuvola dei nostri troppi saperi e delle nostre troppe ignoranze: cosa era “davvero vero” di un Afghanistan di cui si era parlato tantissimo per decenni e in tutte le maniere? Quale sarebbe stata la “verità” da raccogliere – se mai ne avessimo avuto la possibilità – come una pietra preziosa in mezzo alle rovine, al sangue, ai dolori, ai terrori e alle devastazioni che le televisioni ci avevano portato tanto a lungo in casa? Ho sempre avuto grande fiducia nella capacità degli esseri umani di intendersi e di riconoscersi al di là delle differenze di cultura e religione. Ma l’Afghanistan era appena uscito da quarant’anni di guerre durissime in cui, oltre a decine di migliaia di civili innocenti, erano rimasti uccisi anche diversi colleghi giornalisti… Una volta dall’altra parte uno doveva ritenersi affidato solo al destino...

 

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