Un rilievo modesto, appena 368 metri la quota massima, una lunga e bassa collina, ricca di fenomeni carsici, che per alcuni chilometri segue un’ampia ansa del Piave, in riva destra. Pochi forse avrebbero immaginato che il Montello, altura quasi insignificante nella piana trevigiana, avrebbe giocato un ruolo così rilevante per le sorti della guerra. Il Cadorna però già nel 1916 l’aveva individuata come pietra angolare nell’eventuale linea di estrema difesa, Altopiano dei 7 Comuni – Grappa – Piave. E quell’eventualità dopo la rotta di Caporetto, diviene terribile realtà. Gli scontri sanguinosi tra austroungarici e italiani e alleati, nel giugno del ’18, culmine della “battaglia del solstizio”, lasciano sul campo quasi ventimila morti. Quell’altura insignificante è diventata uno spaventoso campo di mattanza. Che quattro mesi dopo l’esercito italiano trasforma nel trampolino di lancio per l’offensiva decisiva di Vittorio Veneto con cui si metterà fine alla tragedia europea della guerra nello scacchiere di sud ovest.