Il diario dell’alpinista genovese, capo scuola di quello stile "leggero" e veloce che rinnovò le salite alle più alte quote. A un decennio dalla scomparsa di Gianni Calcagno, viene alla luce quello che è stato il suo scritto autobiografico più sentito e che dagli anni '70 ad oggi era rimasto sconosciuto. Alpinista fortissimo e poliedrico, membro del G.H.M. francese e del C.A.A.I., Calcagno confessa qui paure e speranze, gioie e delusioni che hanno caratterizzato una carriera perlomeno straordiaria: dalla scelta del dilettantismo ad oltranza, alla tragedia dell'Annapurna, all'epico incontro con Don Whillans dopo il fantastico expolit in Hindu-Kush a fianco di Machetto; dalle amare polemiche "genovesi", fino alla scoperta della piolet-traction o al free climbing sulle rocce di Finale Ligure. Ma soprattutto dal diario emerge un concetto fondamentale del moderno alpinismo extraeuropeo: la scelta innovativa di un tipo di spedizione leggera, il "comando", che opera ad alta quota con la tecnica alpina, basandosi sull'azione di pochi componenti, disposti a rischi e fatiche spaventose per effettuare l'ascensione in tempi ridottissimi e senza supporti esterni.