Una vita sepolta, come l’acqua del fiume che diventa carsico, ma che lentamente, faticosamente, caparbiamente torna in superficie e procede nel suo corso, in realtà mai interrotto.
La storia, appassionante e disarmante, di come si nasce viaggiatori e di come si scopre di esserlo. A piedi o in bicicletta, ovunque e sempre. Una lezione di vita: perché non vale mai la pena di mollare.
Inizio anni ’90. Un uomo e la sua Montagna, quella con l’iniziale maiuscola, quella che lui stesso vede da casa: il Monviso. Poi la scalata. Poi il volo nel vuoto. Poi una gamba strappata dal corpo. Poi l’ospedale: un calvario di anni e interventi. Poi quel pensiero, che la vita potrebbe finire anche lì, oltre un davanzale: un secondo volo nel vuoto, stavolta l’ultimo.
La fine dunque? Non esattamente. Non per Carlo.
Carlo si rialza, inizia a girare il mondo, in bicicletta e non solo; in più, dopo quasi trent’anni da quel momento, mette su pagina il suo dolore, e ci fa toccare con mano cosa siano forza e ottimismo. Carlo parte e ci narra della sua Italia, di un Giro del Monte Bianco, delle diverse volte a Santiago de Compostela, del Nepal.
Un vero libro di viaggio non è mai solo un libro di viaggio, e Come rinasce un viaggiatore, infatti, è la testimonianza di una vita, di come si possa realmente riadattare la propria esistenza dopo un evento traumatico: rinunciando a qualcosa, certo, per continuare però a perseguire gli stessi obiettivi. L’obiettivo di viaggiare, appunto. L’obiettivo di vivere felice. L’obiettivo di risalire su quella Montagna e sentirla amica.