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Il cammino dell'Angelo. La linea di San Michele in Chianti
Press & Archeos | Lorenzo Pecchioni | Firenze | 10/2023 | pagine 163 | 15 x 21

Il cammino dell'Angelo. La linea di San Michele in Chianti

Il crinale dei monti del Chianti è attraversato da un intreccio di antichi sentieri, un tempo protetti da cavalieri e ordini monastici, da angeli e antiche divinità. L’Associazione Chianti Storico si propone di valorizzare questi aspetti con un evento di trekking: due giorni di cammino in un affascinante “anello di San Michele” attorno al cuore del territorio.

La viabilità. Le ricerche condotte da storici e archeologi hanno evidenziato una rete di strade, spesso di origine etrusca o tardo-antica, che legavano il centro del Chianti al Valdarno incrociandosi con la viabilità Nord-Sud, cioè con il sentiero del crinale del Chianti (d’origine etrusca), la Cassia Adrianea ed altri tracciati. Gli itinerari sono marcati da una sequenza di abbazie, castelli, eremi, rifugi. La continuità della pastorizia, i culti delle acque, il passaggio dei pellegrini e la costante presenza di riferimenti angelici sono gli aspetti più evidenti di questo contesto.

Il Chianti etrusco. Sulla catena dei Monti del Chianti esistevano piccoli e grandi insediamenti etruschi, da Monterantoli a Poggio Convento, da Poggio la Croce a Cetamura, ai numerosi ritrovamenti nel comune di Gaiole. Sono venuti alla luce strumenti per la lavorazione della lana e altre testimonianze legate alla pastorizia, nonché conferme di una devozione per Hercle, l’Ercole degli Etruschi a cui erano devoti i popoli legati alla transumanza.
In epoca arcaica la strada dei monti del Chianti risulta la principale direttrice tra Fiesole, Chiusi e Volterra. Un itinerario d’assoluta importanza che collegava gli Etruschi del Nord ai santuari dell’Etruria centrale e quindi alle festività del Fanum Voltumnae, nei pressi di Orvieto, che richiedevano la presenza dei principali regnanti d’Etruria.

Il Chianti di san Michele. Nell’Alto Medioevo compaiono una moltitudine di titolazioni all’Arcangelo Michele, prima eremi o oratori affiancati alle curtis, in seguito importanti Abbazie (Passignano, Montemuro). San Michele si confonde con la figura del Salvatore e con lo stesso Dio cristiano, favorendo l’integrazione delle tradizioni ariano-longobarde e delle divinità venerate dai pastori: il Toro è uno dei suoi principali simboli.
L’Arcangelo, colui che «è come Dio» (Mi Ka El), viene evocato per la protezione delle sorgenti, per i riti di incubatio e per le abluzioni curative. Attorno alla sua figura s’incontrano i diversi ceti e strati sociali: i nobili (milites) per le loro iniziazioni, i popolani ed i pastori per i loro riti propiziatori,  i monaci per la loro ricerca di superamento del materialismo terrestre (e del maligno in generale).
Gli stessi evangelizzatori del Chianti, Sant’Eufrosino e Sant’Ansano, sembrano agire secondo una visione micaelica, incentrata sulle sorgenti sacre e su luoghi che furono, in precedenza, dedicati all’Arcangelo.

L’Abbazia perduta. Così, sull’attuale Monte San Michele nacque intorno al Mille un’importante abbazia camaldolese, detta Badia Vecchia, che doveva avere proporzioni notevoli comprendendo una chiesa di quota (ridotta poi ad eremo in seguito alle devastazioni guerresche) e un centro ecclesiastico sul crocevia di Montemuro (l’attuale Badiaccia). I documenti testimoniano una tradizione di devozione a San Michele riconosciuta come «antica» già all’inizio del XIV secolo.
Ma San Michele compare in modo notevole sull’intera catena montuosa, da Rugliana a Dudda, da Montemaione a Monteluco, e in particolare lungo il drammatico confine politico tra Firenze e Siena, dove si contano varie titolazioni, generalmente nei pressi dei fortilizi, allineate peraltro nella direzione dell’imbocco della Francigena.

I Pellegrinaggi e il sogno della Gerusalemme. La strada dei monti, già ricca di accenni ad una sacralità originaria, diviene un importante imbocco per i viaggiatori diretti al Sud, tanto a Roma quanto al santuario micaelico del Gargano. A testimoniarlo sono la ritmata continuità degli insediamenti e dei ricoveri, la quantità delle titolazioni (non solo San Michele ma anche San Jacopo e San Cristoforo) e una buona presenza di immagini sacre databili dal XII secolo al Novecento.
In alcuni casi si cerca ancora un riferimento ideale alla Terra Santa e quindi una coincidenza spirituale tra l’eremo e il Deserto dei Padri. Questo avviene probabilmente a San Michele di Montemaione, similarmente ad altre località della Toscana centrale (S. Gersolé, S. Giovanni in Jerusalem, S.Vivaldo, Santo Sepolcro di Bellosguardo); segno di un pellegrinaggio “interiore” legato alla preghiera, un percorso spirituale che questi monti, con i loro sentieri, permettono ancora di intuire.

…Fino ad un epoca recente. I culti e le processioni legate agli angeli e ai santi protettori delle campagne non è venuta meno fino ad epoca contemporanea, quando la principale vetta della catena del Chianti è definita a chiare lettere Monte San Michele e la sua antica cappella (luogo dell’importante Abbazia camaldolese ormai scomparsa) è visitata nelle feste primaverili da una moltitudine di uomini e animali: popolani, religiosi, confratelli, pastori con le loro greggi da benedire.
E ancora oggi, perdendosi nei sentieri dell’Alto Chianti, può capitare di incrociare tabernacoli o antiche cappelle stradali che sembrano evocare l’antico mondo del Chianti, ricordando ai più accorti quanto ancora sia da scoprire e illustrare al visitatore…

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