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I castelli delle valli di Non e Sole.
Curcu & Genovese | Fiorenzo Degasperi | Trento | 2/2016 | pagine 152 | 21 x 21

I castelli delle valli di Non e Sole.

Rocche, manieri e ruderi lungo le valli del Noce

La Valle di Non o Anaunia, come viene chiamata da Tolomeo nel II secolo d.C. (Anaunion) ricordando gli antichi abitanti della valle, citati nella famosa Tabula Clesiana (quod ad condicionem Anaunorum … pertinet), esposta nel piazzale antistante il Palazzo Assessorile a Cles, è la terra più ricca di castelli dell’intera provincia. La sponda destra e quella sinistra marcata dal torrente Noce (el Nòs) sono costellate da torri, masti, palazzi signorili e baronali fin dal primo medioevo, segnando profondamente il paesaggio naturale e umano della valle. Molti di questi edifici sono eretti sopra castellieri preistorici, della cultura retica e celtica, rimarcando una continuità storica e geografica. Altri, nati attorno alle arcaiche torri romane che segnavano il sistema viario della valle, mettono in comunicazione l’area atesina con quella lombarda, i territori del nord – val Venosta, val d’Ultimo, Burgraviato – con quelli del mezzogiorno (Banale, valli Giudicarie e l’area del Garda): la famosa Via Traversara diventata con il tempo Via Imperiale. Oppure la Via dei Reti/Räthersteig, ardito cammino che scavalca la catena delle Alpi Anauni collegando la valle con la piana dell’Adige.
Elemento comune di queste presenze castellane è la loro visibilità: tutte erano in contatto ottico-visivo tra di loro, tessendo una fitta rete informativa e di controllo in un territorio ricco di forre, burroni, canyon, montagne e dossi.
Famiglie e dinastie si sono succedute nel tempo, su tutte i potenti de Tono, tedeschizzati in seguito in Thun, e i Cles. Non da meno furono i Flavon, gli Altaguarda, i Concini, i Coredo, i Denno, i Malosco, gli Zoccolo, ecc.
Famiglie che hanno offerto vescovi, cardinali, uomini di cultura, politici, guerrieri. Famiglie che hanno, per secoli, imposto dazi, gabelle – per lo più pagamenti in natura – ai contadini, ai pastori, ai commercianti, ai viandanti. Situazioni che hanno portato a contenziosi, sommosse, distruzioni. Ripetute furono le ribellioni fino alla più famosa Guerra popolare dei contadini che scosse non solo la valle di Non e le altre del Principato Vescovile Tridentino ma l’intero Sacro Romano Impero tra il 1524 e il 1526. Rivolte economiche e religiose si mescolarono, unendo i contadini agli abitanti delle città e alla nobiltà più povera. In questo periodo diversi castelli della valle furono distrutti e mai più ricostruiti. Il territorio è tappezzato di ruderi in abbandono, talora pochi sassi, ma che testimoniano una presenza capillare della cultura castellana. Cultura che ha subito profonde trasformazioni nel tempo, passando dalle turrite e meandriche rocche medioevali alle residenze fortificate, veri e propri palazzi signorili che, pur mantenendo delle caratteristiche castellane, ne hanno perso la funzione difensiva e quella offensiva.
Castelli che ospitano ricchezze inaspettate sotto l’aspetto architettonico, pittorico e scultoreo. Valga per tutti il restaurato Castel Thun, vero scrigno e compendio della storia dell’arte dei generi più disparati. E vi sono cappelle che racchiudono cicli pittorici tutti da scoprire e da raccontare. Purtroppo la maggior parte di queste testimonianze sono private, quindi non visitabili. Ma il poterle osservare almeno dall’esterno ci può aiutare a capire un mondo passato composito, ricco e affascinante.
In questa guida si è preferito, pur citandoli, tralasciare quei castelli che ora sono ridotti a minime presenze materiali – Castelac di Cagnò, Castel Vigne, Castello della Rocchetta, Castel Rovina, ecc. –, per la loro difficile raggiungibilità o pericolosità, oppure perché in assenza di segnalazioni precise è facile perdersi in territori accidentati. Con l’auspicio che anche queste documentazioni possano un giorno ritrovare e riappropriarsi della propria storia e offrirsi come pagine aperte di un libro d’avventura senza fine. Su tutte queste presenze aleggiano leggende e storie che ci aprono uno spiraglio sul mondo immaginario del passato anaune, nate nelle buie prigioni castellane, nelle aule dei palazzi adibite a tribunali, sui roghi delle streghe e degli eretici, nelle oscure camere dove si compivano torture.
Un mondo ricco e composito che vive tra la storia materiale e l’aspetto simbolico, tra documento scritto e documento antropologico. Leggende che inseriscono il territorio anaune nel più vasto contesto europeo, facendoci capire come la cultura, un tempo, non conoscesse confini e limitazioni. Una cultura che affondava le proprie radici in paure ataviche, archetipi riportati in superficie, pregiudizi, ricerca di un mondo migliore, universi a rovescio e figure emarginate.
Ventotto itinerari ci aiutano a percorre vie arcaiche, ripidi sentieri, un tempo calpestati da soldati, eserciti, cavalieri e dame. Ora dai fantasmi e dalle storie sussurrate attorno al fuoco nelle notti di tempesta. Passeggiate, escursioni che ci fanno conoscere territori ancora non troppo noti al turismo di massa, ricchi di presenze artistiche. Pensiamo ai paesi da cui iniziano i percorsi, alle loro chiese, alle residenze, alla ricchezza artistica presente in questi luoghi. E non ultimi i cimiteri, il paesaggio dei morti, dove è seppellita l’aristocrazia della valle, con gli stemmi e l’araldica che ci aiutano ad entrare nel mondo dell’immaginario medioevale.

 

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