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Antonio Cantore
Gaspari | Oreste Bruno Ongaro | Udine | 2007 | pagine 216 | 17 x 24

Antonio Cantore

Da Assaba alle Tofane il mito del Generale alpino

Il generale Antonio Cantore ha lasciato sulla guerra mondiale un'impronta impareggiabile.
Nel 1930 Amedeo Tosti, uno degli scrittori militari allora più noti e apprezzati, pubblicava un libro L'esempio dei capi che, come recita il sottotitolo, voleva essere la raccolta dei profili dei "generali italiani caduti nella grande guerra". L'intento dell'opera era velatamente polemico nei confronti di quella stampa e quella letteratura che aveva fatto della contrapposizione soldati/generali - del sacrificio dei primi a scapito di una vita fin troppo facile vissuta dai secondi -, il filo conduttore della rilettura del conflitto. Il primo dei ritratti di Tosti è immancabilmente dedicato a Cantore.
La ragione è cronologica: assieme a Montanari, il burbero ufficiale alpino non fece tempo a vivere che pochi mesi della guerra, ma l'esito è indubbiamente suggestivo. Dei ventun profili raccolti, il nome di Cantore è forse il solo, e sicuramente uno dei pochi, ad imporsi ancora all'attenzione del lettore, almeno di quello appassionato alla letteratura di guerra. Sembra anzi che proprio i pochi mesi di guerra vissuti dal terribile ligure gli avessero impedito di cadere a sua volta vittima della banalità della storia, di essere coinvolto nelle beghe di potere, di essere magari vittima, prima o poi, del "siluro" sempre in agguato. Il vecio, come lo chiamavano gli alpini in Libia, spinti avanti, spesso loro malgrado, dalle fulminanti bestemmie balbettate dal loro generale, aveva voluto restare una leggenda. Non ci avrebbe mai tediato con le sue memorie, o con qualche verbosa polemica "stile Giardino", a lui bastava che nessuno gli togliesse il posto di assoluto dominatore nel paradiso delle penne nere.
 

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