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Un diario inedito della grande guerra
Giacché | Antonio Pegazzano | La Spezia | 09/2014 | pagine 168 | 15 x 21

Un diario inedito della grande guerra

Carso 1916-1917

Un viaggio indietro nel tempo attraverso le pagine del diario del tenente Antonio Pegazzano che morì sul fronte carsico nel 1917. A quasi cent'anni di distanza la pronipote ne decifra la grafia, riordina le fotografie fortunosamente salvate, integra il testo con alcune cartine riferite agli avvenimenti bellici e ci consegna la preziosa testimonianza di questo ventenne.
E man mano che si procede nella lettura, il giovane Antonio, catapultato nella crudele realtà della guerra, finisce per imporsi a noi come persona viva, guidandoci giorno dopo giorno fin dentro le trincee del Carso.
Da queste pagine emergono temi e interrogativi tali da indurci a una più profonda riflessione sulla guerra in generale e, nello specifico, sulla natura della grande guerra. In un percorso ideologico che va dal patriottismo della retorica del tempo a più sofferte e amare riflessioni sulle difficoltà e sulla disumanità della guerra, il racconto dell'"altra faccia" della narrazione bellica evolve sempre più verso un'autonoma e libera visione degli eventi e delle circostanze, fino all'ultima lettera inviata a casa in cui il giovane tenente italiano immagina un futuro di pace senza più guerre.

Dal diario:
«1 novembre 1916
(...) Oggi il compito nostro è quello di render inabitabili le trincee nemiche, le quali si riducono a muriccioli e a piccoli scavi che il nemico ha potuto erigere con stenti infiniti dal 10 ottobre al 30. A questo si aggiunge il compito delle bombarde e delle artiglierie di annullare, di distruggere una sola fila di cavalli di Frisia.
Pur seguendo così il criterio di risparmiare il logorio delle bocche di fuoco, sempre compatibilmente col concetto su esposto, abbiamo sparato in sole 7 ore ben 350 colpi.
La Fanteria nostra, dopo l’infernale bombardamento dei reticolati e delle trincee austriache, ha avanzato. Si annunciano migliaia di prigionieri e le principali loro posizioni conquistate: fra queste il Veliki Kribak e la vetta del Pecinka. È questa la 3a volta che i nostri soldati riescono a superare il Veliki e purtroppo le altre due volte hanno dovuto retrocedere una volta permancanza di rincalzi, un’altra per lamancanza del collegamento con gli altri reparti di truppa attaccanti.
Sarebbe da augurarsi che l’esperienza acquistata col sangue dai nostri prodi caduti il 14 settembre e il 1° ottobre possa almeno e finalmente questa volta affermare e completare l’occupazione di quelle due quote che hanno così tanta importanza per il conseguimento di altre vittoriose avanzate verso il centro.
Stando in batteria non si può star al corrente delle operazioni e degli sbalzi che compie la fanteria. I Comandi sono piuttosto avari nella comunicazione di notizie, (e questo si spiega) perciò si sta a ciò che può vedere l’osservatorio
coll’avanzare dei dischi bianchi (...)»

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