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Dan Osman
Versante Sud | I rampicanti | Andrew Todhunter | Milano | 01/01/2009 | pagine 200 | 12,5 x 20

Dan Osman

Inseguendo la paura

Le emozioni, le paure, le riflessioni esistenziali di un climber dilettante, irreparabilmente attratto dalla personalità e dalla figura di Dan Osman, libero e anticonformista, solitario dell'arrampicata e sacerdote del salto nel vuoto con la corda. In questo libro ne traccia le gesta e la vita, fino al suo drammatico epilogo.

Dal primo capitolo: L'alba del giorno del suo trentaduesimo compleanno, Dan Osman si sta preparando a infrangere il record mondiale, il suo stesso record mondiale, di caduta libera da una struttura artificiale. Senza usare altro che il suo equipaggiamento per scalare, corda, imbrago, e moschettoni rinforzati, salterà da un'altezza stimata di 180 metri da un ponte situato nel nord della California. Un ponte sospeso 200 metri sul fiume sottostante. I capelli neri, lunghi abbastanza da coprirgli le scapole, sono raccolti in una coda di cavallo. Di origini giapponesi ed europee, Osman è spesso confuso per nativo americano. Alto quasi un metro e ottanta per settanta chili, ha la corporatura di un ginnasta. Durante un incontro per discutere la sicurezza del salto poche ore prima di partire per il ponte, Osman ha assegnato i compiti ai membri del suo team - un altro climber, Geoff Maliska, 23 anni, il suo discepolo a tutti gli effetti, e Anthony Meeks, 20 anni. Maliska è socievole ed esuberante. Meeks - che gli altri climber conoscono da meno di una settimana - è silenzioso e attento. Assieme ripassano ogni dettaglio, dall'equipaggiamento al protocollo di sicurezza. Arrivati sul luogo del salto si muovono fra le travi del ponte, sotto il traffico, sospesi oltre la valle. Osman sistema la catena - un groviglio di anelli di nylon, corda e moschettoni - circa a metà del ponte. Lasciando Meeks a finire il lavoro, Osman continua con Maliska per altri cinquanta metri lungo la struttura. Il pericolo più grande in una caduta così lunga non è la resistenza dell'equipaggiamento, ma la possibilità di rimanere impigliato nella corda. La forza dell'impatto a quella velocità potrebbe tagliare in due o decapitare un corpo intrappolato nella corda da 10 millimetri e mezzo. In questo salto Osman si avvolgerà intenzionalmente nella corda durante la caduta per poi districarsi in modo da poter assumere la posizione di sicurezza, tutto durante i sette secondi prima dell'impatto. È la prima volta che viene tentato qualcosa del genere. Saltando da un punto laterale e molto distante dalla catena di sicurezza, gran parte dell'inerzia della caduta sarà trasformata in un pendolo impressionante da una parte all'altra della valle, per almeno centocinquanta metri. Contrariamente a quello che succederebbe saltando direttamente dalla catena, dovrebbero diminuire le possibilità di rimanere impigliati nella corda, e la forza iniziale dell'impatto una volta arrivati a fine corsa dovrebbe essere mantenuta entro limiti ragionevoli. Osman controlla minuziosamente l'imbrago e il nodo, ed esamina i propri abiti per essere sicuro che non ci sia nulla che possa in alcun modo modificare la traiettoria della caduta. Dopo aver dato un'ultima occhiata alla corda fa cenno a Meeks. Meeks controlla la catena e risponde con un altro segnale - è tutto a posto. Osman comincia ad arrampicarsi su una trave del ponte per raggiungere l'altezza necessaria a superare il record del suo salto precedente. Quando non riesce più a tenere sotto controllo il battito del cuore si ferma. Si aggrappa alla struttura d'acciaio e chiude gli occhi. Cerca di respirare profondamente per far rallentare il cuore, per ridurre il carico di adrenalina. Sente brividi come scosse elettriche lungo le gambe, le braccia, fino alle mani. Un respiro dopo l'altro ricaccia indietro la paura e continua lungo la trave. Si ferma altre due volte, ogni volta scalando un poco più in alto prima che il panico lo assalga di nuovo. Alla fine raggiunge l'altezza stabilita per il lancio e si ferma. Chiude gli occhi e respira, svuota la mente. Parecchi minuti dopo riapre gli occhi e si guarda attorno, attraverso la valle. Il traffico gli passa rimbombando sopra la testa. Ci sono pescatori nel fiume giù di sotto. Può vedere i movimenti delle loro canne. Voci distanti lo raggiungono salendo fino al ponte. Osman chiude di nuovo gli occhi e visualizza l'intera sequenza del salto, dilatando sette secondi in undici o dodici. Farà per tre volte la ruota e a metà della terza si avviterà completamente la corda attorno al corpo. Un giro intero. Poi si libererà - con calma, metodicamente, non si incasinerà, non si incasinerà - estenderà braccia e gambe all'infuori, rilassandosi al momento dell'impatto. È solo adesso, una volta ripassata la sequenza, che il rischio di quello che sta per tentare diventa chiaro. Nel momento in cui viene colpito da questa consapevolezza le sue paure si fanno di nuovo avanti, più forti di prima. Il sudore gli cola addosso e si congela. Sente la pelle d'oca alzarsi su tutto il corpo. Da un'occhiata in basso verso Maliska e alza i pollici. Maliska rabbrividisce vedendo l'orrore negli occhi di Osman, nel suo sguardo fisso - confesserà dopo di non averlo mai visto così visibilmente spaventato - ma gli sorride e risponde con gesto affermativo. «Buon salto», gli grida. Osman fa scorrere lo sguardo sulla valle. E passa attraverso quello che chiama il momento della scelta. Sposta leggermente il peso da un piede all'altro. Partendo da quindici conta lentamente all'indietro, silenziosamente, respirando, pronunciando solo il dieci e il cinque a voce alta. Ogni numero è un respiro profondo. Quattro, tre, due, uno. Butta fuori l'aria e salta dal ponte, nel vuoto. E comincia a cadere.

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