Dopo la disfatta di Caporetto si consumò l'esodo dei civili tra fame, malattie e morte. Le testimonianze di coloro che vissero dodici mesi di occupazione straniera
Il soldato strinse al petto la sua donna, sorridendo solo quando la piccola Elena gli si avvicinò aggrappandosi alla gonna della madre. Allora infilò la mano nel tascapane e ne estrasse un sacchetto di carta con una manciata di fichi secchi.
Esattamente novant’anni fa i reparti dell’esercito italiano, accusati ingiustamente di codardia dal generale Cadorna, si ritirarono oltre il Piave, ultimo baluardo strategico. Scavarono in fretta trincee dentro il greto del fiume, nella campagna trevigiana e veneziana per fermare il nemico a qualunque costo. Contemporaneamente si consumò l’esodo delle popolazioni civili delle province di Udine, Pordenone, Belluno, Treviso e Venezia che fuggivano lasciandosi dietro un cumulo di rovine. Fu una diaspora di enormi proporzioni, tra fame, malattie e morte. Bernardi ha ricostruito non solo gli eventi bellici che portarono alla disfatta di Caporetto, ma ha dato voce a coloro che vissero i dodici mesi dell’occupazione straniera. Si tratta di testimonianze raccolte nel corso di anni, ritrovate nei diari di persone all’epoca bambine o adolescenti. Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1989, torna sugli scaffali nei giorni in cui si commemora Caporetto: una delle pagine più buie della Grande Guerra.